sabato 22 marzo 2008

Il nostro compagno Diego, ci invia questo report dal Kurdistan

Da Cizre, Silopi e Şirnak

La vigilia del Newroz
Oggi per i kurdi il Newroz non e' soltanto la festa della tradizione, ma la piu' importante occasione per manifestare il proprio orgoglio identitario e le rivendicazioni di liberta', democrazia e pace. Percio' nei giorni precedenti gia' cominciano i preparativi e i festeggiamenti e nei villaggi, nei quartieri periferici, vengono accesi qua' e la' dei fuochi. Piccole manifestazioni, in prevalenza giovanili, denunciano la grande attesa dell'evento ''liberatorio'' del 21. Il Newroz.
Veniamo invitati ad assistere ad una di queste manifestazioni della vigilia. Dopo il tramonto, in un'ora proibita, assistiamo ad uno spettacolo che ha dell'indescrivibile, tanto e' davvero spettacolare. Scegliamo il quartiere piu' vicino all'albergo e con i nostri accompagnatori ci dirigiamo in quella direzione, passiamo di fronte al solito schieramento di un centinaio di Jandarma (la polizia militare) e presto guadagniamo l'ingresso del quartiere. Qui' troviamo una ventina di ragazzini e tanti sassi per terra, pronti per l''uso a difesa del territorio. Avvertiti della nostra identita' ci lasciano entrare, ma non passano i poliziotti in borghese che ci seguivano. Pochi minuti e siamo nel cuore del ''nostro'' quartiere, dove in breve monta la marea popolare: persone di tutte le eta', giovani, donne e uomini, bambini e adulti, ci abbracciano e ci trascinano in un intenso e frenetico corteo animato dagli slogans: BIJI SEROK APO (Viva il presidente Apo), PKK halktır, halk burada! (Il Pkk e' ıl popolo, il popolo e' quı'), Bİ can, bi xwîn em biterene ey serok!(Con la nostra vita, con il nostro sangue siamo con te, Presidente) Katil erdoğan! (Erdogan assassino)
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I piu' anziani osservano e partecipano attivamente dagli usci delle loro case. Mentre avanziamo, le donne che ci riconoscono abbracciano le nostre compagne, gli uomini ci salutano, ci baciano e ci stringono le mani, per sancire il comune sentimento di amicizia e solidarieta'.
Un gruppetto di giovani ci segue passo a passo e ci protegge fino all'uscita del quartiere che guadagnamo dopo una mezzoretta, non prima di essere avvertiti da alcune donne, che sulla strada che stıamo prendendo ha appena avuto luogo una carica dei militari, con lancio di lacrimogeni, forse non ancora concluso.
La citta' e' circondata dagli stessi militari, i quartieri sono presidiati e ogni strada, ad eccezione dei vicoli e stretti passaggi dei vecchi quartieri, e' sorvegliata dalla polizia. La polizia di quella Turchia che pretende di entrare in Europa, raccontando frottole sulla sua ''democrazia'' e quindi senza pagare il dazio dell'adeguamento della sua legislazione ai minimi europei ın materıa di diritti civili e liberta'.
Ma tutto cio' non scoraggia i kurdi: aumenta invece la rabbia, la consapevolezza e con cio' la ribellione, verso il sistema kemalista dello stato Turco. Piu' tardi ci dicono che non ci sono stati feriti gravi, mentre in un vicino abitato, invece, i guardiani del villaggio, hanno sparato sulla gente e cinque persone sono state colpite. Si tratta di dati ufficiali ma ci dicono che i meno gravi e le persone piu' esposte, preferiscono non recarsi negli ospedali dove verrebbero quasi certamente arrestati dato che in tal modo dimostrerebbero la loro presenza nei luoghi degli scontri.

Il Newroz
Giunge finalmente il 21, il giorno della grande festa. All'alba, intorno al nostro Hotel, notiamo un enorme schieramento di militari in tenuta antisommossa, con il consueto equipaggiamento. Dalle nostre finestre riusciamo a contarne oltre cento. Riceviamo notizia che aspettano il nostro saluto dal palco di Cizre e poi da quello di Silopi. Interverranno insieme Dolores (in italiano) e Antonello (con la traduzione in Kurdo). Per giungere al piazzale del Newroz di Cizre percorriamo a piedi circa due chilometri presidiati da una lunga teoria di mezzi blindati (30, forse 40) e plotoni di militari attrezzati di tutto punto, con fucili, mitragliatrici, maschere antigas, manganelli. All'ingresso della festa in uno spazio transennato dalla polizia la solita perquisizione, durante la quale veniamo trattenuti qualche minuto di troppo per verificare che la nostra bandiera con i quattro mori possa accedere al grande piazzale circondato da altri mezzi blindati e militari, e polizia, talvolta con le armi puntate in direzione della folla. Nei palazzi circostanti, altri militari con fucili e una quindicina di telecamere filmano qualsiasi cosa si muova mentre in mezzo alla folla, ancora telecamere azionate da agenti in borghese. Nonostante cio' la piazza si riempie presto: decine di migliaia di persone, 40mila a Cizre e altrettante a Silopi, che seguono le canzoni ballando senza sosta, applaudendo e gridando gli stessi slogans della sera prima. Da viva Apo ad altri numerosi contro le politiche di Erdogan e dell'AKP (il partito di governo). In questo clima pronunciamo il nostro discorso adeguatamente autocensurato su richiesta degli organizzatori e ci tuffiamo cosi' nell'entusiastico abbraccio del popolo curdo.

Dopo l'intervento, mentre la gente continua ad affluire, numerosa, verso la piazza che non puo' pıu' contenerla, partiamo di corsa a Silopi dove ci attendono e dove pronuncieremo lo stesso discorso. E anche li, la stessa immensa folla, gli stessi colori, i balli, i canti, gli slogans; anche li, lo stesso schieramento di benvenuto dello stato turco che, questa volta, ci mostra anche l'elicottero che sorvola i vicini dintorni della piazza. Certo, non e' per noi. Per noi, al posto di blocco prima della citta, la richiesta di togliere i colori kurdi che indossavamo e che riponiamo prontamente, seppure a malincuore, nelle borse. Per noi, la richiesta di consegnare una copia dell'intervento letto dal palco. Ma questa volta ci opponiamo e lasciamo di stucco il poliziotto ''buono'', quello che si era presentato al nostro interprete come kurdo e percio' amico, non abituato a sentire dei no. Si, questa volta siamo noi gli unici responsabili di cio' che facciamo. Percio' quando ci viene ripetuta la richiesta, all'uscita dal campo, la risposta e' secca: ''NO, ASSOLUTAMENTE NO!''. Di fronte alla nostra generale fermezza, ci lasciano proseguire. In albergo incontriamo il segretario del DTP e il sindaco che ci informa: "la vostra presenza ha sconsigliato ai militari azioni forti. Al termine della festa hanno arrestato solo dieci persone, ma quando sarete via e avranno visionato le riprese dal campo affollato, gli arrestati potranno arrivare anche a 200". C'e' poco da aggiungere, i turchi, che nel loro tentativo di assimilazione, hanno cambiato i nomi delle strade, delle citta', delle montagne, dei fiumi e perfino delle persone, quando si accorgeranno che Apo (Ocalan) viene chiamato anche ROJ* vorranno cambiare il nome anche al sole.
*(ROJ in curdo significa giorno, luce del giorno, sole).

Il gıorno dopo
La mattina dopo, da Cizre, ci muoviamo alla volta di Sirnak. Dopo qualche chilometro troviamo il villaggio di Kasruk e l'inevitabile check-point sistemato fra le case con un autoblindo, quattro postazioni per il tiro da terra, due per lato, una torretta sopraelevata, con bene in vista un mitragliatore fisso con relativa cartucciera di grosso calibro, sistemata di fianco della piccola sede del DTP. Su una collinetta che separa quel centinaio di case dal successivo piccolo villaggio di Davutkoy, un'altra postazione militare sovrasta e tiene sotto tiro entrambi i villaggi. Tutto questo conferma la nostra impressione: ogni rilievo del territorio e' predestinato al controllo militare sulla popolazione. A Sirnak incontriamo il sindaco e il segretario del DTP che ci danno altre informazioni, ma li ci giungono anche le notizie che ci colpiscono improvvise e violente: attacchi a Siirt, Hakkari e Van dove si contano innumerevoli arresti, feriti anche gravi e forse dei morti. Interrompiamo subito il nostro programma e sospendiamo le nostre cronache, chiamiamo il gruppo di osservatori italiani a Van e pensiamo di andare subito li. Ne parleremo nel nostro albergo di Cizre verso il quale ci muoviamo immediatamente.

Testo dell'intervento dal palco di Cizre e Sirnak:

Buongiorno popolo del Kurdistan. Ciao a tutti (Roj bas gelle Kurdistan. Merhaba ji wera)
Cari amici, Vi saluto con tutto il calore del Newroz. (Havalen heja, ez we bi germahia newroze silav dikim)
Perché siamo qui? (Bi hatina meya vir?) Perché condividiamo la vostra ansia di pace, libertà e fratellanza.(Em bi were xwesteka weyè asiti, azadi u biratiyè dijin.)
Ma purtroppo oggi non c’è pace.(Mixabin iru asiti tune.) Bisogna fermare le armi. (Giringe cek ben seknandin)
Bisogna aprire un dialogo per una soluzione di pace. (Ji bu asitiye giringe zimane diyaloge bikar be anin)
Auspichiamo che il vostro Stato, la Turchia, entri in Europa. (Em hèvi dikin ku welatè we, turkiye tèkeve yekitiya europa.)
Ma la Turchia non deve fare la guerra e deve riconoscere il popolo kurdo. (Giringe devleta Turkiye cekan bikar neine u kimlikan kurdan nas bike.)
Bisogna che la Turchia entri in Europa con tutti i popoli che la compongono: turchi, arabi, armeni, iraniani e kurdi.
(Em hèvi dikin ku welate Turkiye bikeve yekitiya europa bi hemi rengen gelan: turku, arabu, aceman. Kurd.)
Tutti i popoli, nella fratellanza. (Hemu gel bi birati bijin)
Anche noi siamo in pena per i tempi lunghi, ma confidiamo che presto saranno riconosiute le forze della pace e della democrazia.
(Em ji pir xemginin ji bo vè demè direj, lè belè em di wi baweridane ku qiwtè asiti ù demokrasiyè wè bèn standin.)
Anche noi ci auguriamo un’amnistia generale e l’avvio di un processo di pace giusta e duratura.
(Em ji hèvi dikin kù afekè bi gisti were ù astiyeki herdemi bine.)
Dalle nostre città d’Italia e d’Europa anche noi faremo tutto quello che sarà possibile.
(Ji bajarèn xwe ji italia u li hemu europa emè ji karè ku liser milèmeye emè pèk binin.)
Gli amanti della guerra vorrebbero farci tacere ma noi gridiamo piu forte: pace, pace, pace.
(Ewekı şer hesdıkın dıxazın em bısekının lazıne eme bıqırın denge xe bılınd bıkın u bejen aşiti aşiti aşiti.)
W la fratellanza dei popoli. (Biji biratiya gellan) W la libertà dei popoli. (Biji azadiya gellan)
W ıl Newroz (Biji Newroz)
W ıl Sole (Biji Roj)
Evviva su presidenti - Evviva su pıcappacappa



Le frası taglıate:

Condividiamo la vostra pena per la sorte particolare del signor Abdullah Ocalan.
(Xemginiya we yè ji bo brez Abdullah Ocalan em ji dijin ù fam dikin.)
Protestiamo e chiediamo che sia garantita la sua salute, un nuovo giusto processo, sotto la garanzia internazionale.
(Em protesto dikin ù dibèjin tendurustiya wi gerek were garantikirin, mehkemeyeki nu ù adil di bin cavèn navnetewi da gerek were lidarxistin.)
E che sia infine liberato e gli sia consentito di lavorare per la pace e il bene dell’umanità.
(Serokè we gerek were azadkirin ù bila bikaribe ji bo insanetiyè karèn xwe yè asitiyè lidarxe.)

La delegazione sarda
Antonello Pabis
Dolores Lai
Marta Saba
Diego Vacca
Anna Maria Ortu
Salvatore Siddi
Delia Leoni
Stefano Mannironi

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