giovedì 27 marzo 2008

ancora da Yuksekova..... Diego

Ancora dall’inferno di Yüksekova
(26/03/2008)
Nonostante la grande mobilitazione popolare il clima rimane pesante. Tutti ci sembrano consapevoli e determinati a resistere, ma nello stesso tempo timorosi e guardinghi (e, naturalmente, attenti alla nostra sicurezza). Non hanno scelta e noi dobbiamo partire senza sapere come e in quanto tempo usciremo da questo inferno. Nella via del ritorno dobbiamo attraversarne un altro, quello di Van, dove non possiamo fermarci, e superare altri numerosi check-points, prima di Van e dopo, sulla via per Bingöl, che abbiamo scelto come tappa, per poi convergere su Diyarbakir. Ma abbiamo deciso di partire dopodomani: qui abbiamo ancora da fare.

Oggi siamo usciti alle nove, per visitare la famiglia del giovane ucciso. Le compagne della delegazione visitano le donne che si trovano nella casa dell’ucciso, strapiena di altre donne mentre, attorno alla casa, centinaia di altre ancora, vanno e vengono. La madre dell’ucciso intona un canto di dolore e di angoscia, straziante come “s’attittidu” della tradizione sarda.
Le altre non fanno che ripetere: basta, basta con la guerra, basta con i morti, basta di vedere morire i nostri figli. İ compagni della delegazione vanno a trovare gli uomini della famiglia nella piccola moschea del quartiere, che puo’ contenere un centinaio di persone. Una folla attende pazientemente all’esterno, chi non e’ ancora entrato aspetta il suo turno. Fuori dalla moschea i fratelli hanno esposto un quadro con l’immagine dei morti della famiglia a cui hanno aggiunto quella del ragazzo. Di fianco, una grande foto di Ocalan. Dentro, il padre e tre zii ricevono le condoglianze di una folla che si fa immensa. Dopo la visita andiamo al DTP, dove donne e uomini stanno di nuovo insieme. Li ci dicono che hanno chiuso l’inchiesta ufficiale sulla morte di İkbal Yaşar e sentenziato che e’ rimasto ucciso da un colpo di arma da fuoco sparato da un altro kurdo durante gli scontri del 23. Nonostante le testimonianze contrarie che non sono state accolte o non considerate veritiere. Come sempre!
Nei quartieri interni non si nota un poliziotto perche’ i kurdi sono vigili e arrabbiati, ma il pericolo si sente. Alle 11.00 ci segnalano e raggiungiamo un corteo di studenti delle superiori con molti insegnanti. Sono migliaia, sfilano portando sul petto la foto dell’ucciso, gridano slogans di resistenza e di lotta. Al loro avanzare la gente applaude, le macchine si fermano e i clacson si incantano. Dai balconi, le donne affacciate gridano in turco: “Katil Erdoğan” (Erdoğan assassino). Al centro del corteo spunta una grande bandiera con i colori del kurdistan e con essa l’immagine di Abdullah Ocalan. Raggiunta la moschea, la grande bandiera del kurdistan e l’immagine di Ocalan conquistano il centro. Tutti si abbassano e stanno in silenzio per circa un minuto, con la mano destra alzata e l’indice e il medio aperti, nel segno della eterminazione a combattere. Poi un ovazione e ancora slogans. İl padre dell’ucciso a fianco degli oratori piange e saluta con il solito segno della resistenza kurda. Andando via incontriamo subito un altro corteo di studenti di altre scuole e piu’ tardi ne vedremo ancora qualche migliaio dirigersi verso quella moschea. Quante decine di migliaia di persone hanno protestato il 24, il 25 e oggi, al terzo giorno dall’uccisione di İkbal? Sarebbe meglio chiedersi quante centinaia di persone non hanno manifestato. Togliamo dal conto le migliaia di dipendenti statali, tutti turchi kemalisti, di militari, poliziotti, insegnanti turchi e kurdi assoldati.
Decine di migliaia di “terroristi” che hanno eletto il sindaco con circa il 71% dei voti, si oppogono ai terroristi veri e ai fascisiti del comando generale militare e del governo di Erdoğan.
Domani parteciperemo ad un incontro con le persone che hanno subito torture e di pomeriggio ad una riunione con i rappresentanti del DTP e di tutto il movimento democratico. Vi confermiamo il nostro numero di telefono: 00905344840237.
Per la delegazione di osservatori sardi a Yüksekova (cosi i turchi hanno ribattezzato la citta che i kurdi contınuano a chiamare Gever) Marta e Antonello

mercoledì 26 marzo 2008

L'inferno di Hakkari e Yuksekova. Diego invia Gato Obrero Pubblica

L’inferno di Hakkari e Yukşekova

(Scriviamo freneticamente, non abbiamo tempo per le correzioni, ne per le mail individuali.)

Date le notizie ricevute decidiamo di partire subito alla volta di Hakkari, Yukşekova e Van, saltiamo l’odissea dei posti di blocco e dei problemi che abbiamo dovuto sopportare nel loro attraversamento. Faremo poi un resoconto.
HAKKARİ:
E’ successo l’inferno: gli organizzatori della festa avevano da tempo chiesto l’autorizzazione per celebrare il Newroz il giorno 22, sono stati tenuti sulle spine, fino alla sera del 20, quando e’ stata comunicata l’autorizzazione non per il 22 ma per il 21, cioe’ per l’indomani, cioe’ dopo poche ore. Ma la propaganda era stata ovviamente fatta per il 22, i gruppi musicali, gli oratori, gli ospiti, erano stati tutti prenotati per il 22.
Forti del diritto naturale, che solo la prepotenza del regime nega, i Kurdi non fermano la loro macchina organizzativa e il 22 si accingono a riunirsi nel grande piazzale destinato a contenere le solite 70mila persone. İn Hakkari ci sono quasi centomila abitanti, allora i militari, che li attendono in ogni angolo di strada in tenuta antisommossa, li caricano, colpiscono con i manganelli ed eseguono i primi arresti. İn cambio ricevono sassi. Loro lanciano lacrimogeni e sparano.
Fortunatamente non ci sono morti, ma i feriti sono tanti che bisogna ricorrere ai piu’ capienti ospedali di Van a oltre 200km. Gli arrestati sono per il momento svariate decine, aumenteranno nei giorni a seguire. E cosi’ la citta’ protesta, i negozi si chiudono il 23, mentre i militari e i media ufficiali dicono che la serrata era per paura di vandali e terroristi.
No, Hakkari si e’ fermata, gelida e arrabbiata, per uno sciopero generale dalle normali attivita’ che ha raggiunto dimensioni massicce e per noi inimmaginabili. Noi siamo arrivati al nostro albergo alle tre, veniamo circondati e seguiti a vista dai poliziotti che penetrano in ogni stanza dell’Hotel: bar, ristorante, Hall, sala colazioni, dove noi passiamo, risparmiando solo le camere da letto e i bagni. Non abbiamo visto un solo negozio aperto.
Per il momento non usciamo dall’albergo perche’ abbiamo perso il nostro contatto, ma attraverso la nostra interprete cogliamo le notizie di una citta’ dove la gente, in particolare i giovani, si riuniscono dovunque a gruppi e protestano, vengono caricati per essere dispersi e rispondono con i sassi. Tutto un popolo, che il regime vorrebbe cancellare, resiste. Qui’ il sindaco Kurdo e’ stato eletto con il 70% dei voti, ma la televisione turca, sotto il controllo militare, continua a trasmettere immagini, alternate, dell’avanzare e degli assalti dei plotoni militari, che il cronista dice operare contro provocatori terroristi e di poche persone che applaudono da alcune finestre sventolando da un balcone, forse nemmeno del posto, bandiere dello Stato turco.
Andiamo via la mattina dopo alle 9.30, pensiamo di raggiungere Yüksekova con i soliti disturbi dei 4 check-point previsti. Nel primo check-point nemmeno ci fermano, ci sembra incredibile, ma nel secondo ...
Ci fermano alle 9.45. Sono stati avvertiti con una telefonata anonima che trasportiamo materiale di propaganda e una bandiera del PKK, oltre a documenti che ci collegano al terrorismo. Non ci fanno scendere ma ci portano dentro il recinto militare con tutto il minibus, stranamente non eseguono direttamente la perquisizione ma per farlo aspettano la polizia con il mandato che abbiamo richiesto. Che strano, pensiamo, altrove ci avevano detto che li la legge la facevano loro. İntanto passa il tempo. Non arriva nessuna polizia e nessun mandato. Dopo un ora e mezza ci dicono di essersi sbagliati, si scusano, ci rendono i passaporti e ci dicono di poter andare dopo aver firmato un verbale scritto in Turco. Ci rifiutiamo. Altra discussione in cui esprimiamo tutto il nostro disappunto e la nostra ferma indisponibilita’ a firmare qualsiasi cosa in una lingua a noi sconosciuta e con un’interprete militare non scelto da noi. E cosi’ facendo passano altri quindici minuti.
Andiamo via ma alle 11.39 ci fermano nel chek-point successivo, al bivio fra la strada che porta a Yüksekova con quella che consente di raggiungere l’İran. Un’altra denuncia anonima, uguale alla prima. Ora 3 militari salgono sul nostro mezzo, si siedono con le armi bene in mostra e dirottano il minibus fino al comando distante circa 300 metri. Qui ci esibiscono un foglio con poche righe scritte frettolosamente ma che non ci consegnano, avente valore, affermano, di mandato di perquisizione la quale inizia di li a breve. Non prima pero’, di aver chiamato delle militari stante che le donne della delegazione rifiutavano di essere perquisite da mani maschili. Controllano minuziosamente tutti i bagagli maschili, eseguono la perquisizione personale di tutti, particolarmente accurata per le donne, tralasciando pero’ il controllo di alcune valigie. Ci portano via due giornali kurdi, fra i tanti turchi che avevamo. Alla fine ci dicono che e’ tutto a posto ma passa un’altra mezzora fra scuse, te’, ma soprattutto richiesta (gentile) di attendere la compilazione del verbale. Altra richiesta di sottoscrivere una dichiarazione di cinque righe che sempre gentilmente, ma fermamente, ci rifiutiamo di firmare. Ci rendono i passaporti e ci restituiscono anche i giornali.
İn uno dei check-point un giovane soldato si avvicina e ci dice furtivamente che le segnalazioni anonime in realta’ venivano da un ordine del loro ufficio centrale.
Dopo pochi minuti passiamo indenni il quarto check-point e arriviamo a Yüksekova alle 13.30. abbiamo percorso poco piu’ di 70 chilometri in quattro ore.


Andiamo direttamente alla sede del comune dove un bel nugolo di persone con due ricetrasmittenti sosta dietro la vetrata dell’ingresso. Uno si avvicina e chiediamo del sindaco. Ci dice che possiamo aspettare. Ci avviciniamo timidamente, sospettiamo. Vedendo delle donne dall’aspetto rassicurante si avvicinano tutti e ci portano dentro. Uno di essi ha il distintivo del KESK, la confederazione sindacale vicina al DTP. Scopriamo poi che anch’essi temevano fossimo dei poliziotti.un funzionario del comune ci porta a mangiare e poi alla sede del DTP: Yüksekova e’ stata teatro di un’altra tragedia. İl 10 Marzo il comitato organizzatore del Newroz aveva presentato la richiesta di autorizzazione per il giorno 23. Fino al 20 sera non ottengono risposta e si ripete la farsa di Hakkari: possono festeggiare, se vogliono, il 21.
Percio’ rinunciano al Newroz ma il 23 indicono una conferenza stampa all’aperto, alla quale assistono 10.000 persone, per denunciare l’accaduto. Al termine tutti vengono invitati a rientrare nelle proprie case in silenzio, evitando gli slogan o altre manifestazioni che avrebbero potuto essere strumentalizzate come provocatorie da parte dei militari. Mentre i cittadini si ritiravano e’ partita comunque la scorribanda degli autoblindi e i lanci dei lacrimogeni. İn questa occasione un gruppo di militari che minacciavano le donne si sono abbassati i pantaloni per mostrare i loro organi genitali e proferivano... Solita risposta a sassate, altra reazione con lacrimogeni e colpi d’arma da fuoco sulla gente. Lo stesso Erdoğan avrebbe dato indicazione perche non venissero concesse autorizzazioni a riunioni di alcun genere per il giorno del 23. come ad Hakkari, ma qui c’e’ scappato il morto: İkbal Yaşar, 29 anni , sposato, 2 bambini di 3 e 5 anni, che svolgeva lavori saltuari, militante del DTP, e’solo l’ultima vittima della barbarie fascista dei militari e del governo di Erdoğan. İn ogni famiglia kurda c’e’ almeno un detenuto, molti conoscono la tortura, molti sono stati uccisi. İkbal ha raggiunto altri 13 parenti, 12 dei quali caduti nella loitta di resistenza e l’ultimo sequestrato da sconosciuti presso la sua abitazione, il cui corpo non e’ stato mai trovato. C’e’ stato un tentativo di soccorrere İkbal ferito, ma la polizia ha caricato e malmenato i soccorritori e lui e’ morto dissanguato. Dall’ospedale il corpo di İkbal e’ stato prelevato dai militari e sepellito frettolosamente, ma la famiglia e i suoi amici ne hanno ottenuto la riesumazione per poter effettuare dei funerali con gli onori del popolo.
Al nostro arrivi al DTP migliaia di persone per strada. Quando ci riconoscono come loro amici parte un boato di accorati slogan e applausi. Saliamo. La sede e’ strapiena, altra ovazione, applausi, slogans di rabbia e di resistenza, di dolore e di voglia repressa, di spaccare il mondo, quel mondo di cui sono figli minori. Arriva anche Osman Baydemir, il sindaco di Diyarbakir, e una deputata del DTP di Ankara. İl resto a domani. E’ troppo tardı ed e’ troppo pericoloso circolare a quest’ora.

La delegazione sarda in Kurdistan.
Tel. 00905344840237

sabato 22 marzo 2008

Il nostro compagno Diego, ci invia questo report dal Kurdistan

Da Cizre, Silopi e Şirnak

La vigilia del Newroz
Oggi per i kurdi il Newroz non e' soltanto la festa della tradizione, ma la piu' importante occasione per manifestare il proprio orgoglio identitario e le rivendicazioni di liberta', democrazia e pace. Percio' nei giorni precedenti gia' cominciano i preparativi e i festeggiamenti e nei villaggi, nei quartieri periferici, vengono accesi qua' e la' dei fuochi. Piccole manifestazioni, in prevalenza giovanili, denunciano la grande attesa dell'evento ''liberatorio'' del 21. Il Newroz.
Veniamo invitati ad assistere ad una di queste manifestazioni della vigilia. Dopo il tramonto, in un'ora proibita, assistiamo ad uno spettacolo che ha dell'indescrivibile, tanto e' davvero spettacolare. Scegliamo il quartiere piu' vicino all'albergo e con i nostri accompagnatori ci dirigiamo in quella direzione, passiamo di fronte al solito schieramento di un centinaio di Jandarma (la polizia militare) e presto guadagniamo l'ingresso del quartiere. Qui' troviamo una ventina di ragazzini e tanti sassi per terra, pronti per l''uso a difesa del territorio. Avvertiti della nostra identita' ci lasciano entrare, ma non passano i poliziotti in borghese che ci seguivano. Pochi minuti e siamo nel cuore del ''nostro'' quartiere, dove in breve monta la marea popolare: persone di tutte le eta', giovani, donne e uomini, bambini e adulti, ci abbracciano e ci trascinano in un intenso e frenetico corteo animato dagli slogans: BIJI SEROK APO (Viva il presidente Apo), PKK halktır, halk burada! (Il Pkk e' ıl popolo, il popolo e' quı'), Bİ can, bi xwîn em biterene ey serok!(Con la nostra vita, con il nostro sangue siamo con te, Presidente) Katil erdoğan! (Erdogan assassino)
..........
I piu' anziani osservano e partecipano attivamente dagli usci delle loro case. Mentre avanziamo, le donne che ci riconoscono abbracciano le nostre compagne, gli uomini ci salutano, ci baciano e ci stringono le mani, per sancire il comune sentimento di amicizia e solidarieta'.
Un gruppetto di giovani ci segue passo a passo e ci protegge fino all'uscita del quartiere che guadagnamo dopo una mezzoretta, non prima di essere avvertiti da alcune donne, che sulla strada che stıamo prendendo ha appena avuto luogo una carica dei militari, con lancio di lacrimogeni, forse non ancora concluso.
La citta' e' circondata dagli stessi militari, i quartieri sono presidiati e ogni strada, ad eccezione dei vicoli e stretti passaggi dei vecchi quartieri, e' sorvegliata dalla polizia. La polizia di quella Turchia che pretende di entrare in Europa, raccontando frottole sulla sua ''democrazia'' e quindi senza pagare il dazio dell'adeguamento della sua legislazione ai minimi europei ın materıa di diritti civili e liberta'.
Ma tutto cio' non scoraggia i kurdi: aumenta invece la rabbia, la consapevolezza e con cio' la ribellione, verso il sistema kemalista dello stato Turco. Piu' tardi ci dicono che non ci sono stati feriti gravi, mentre in un vicino abitato, invece, i guardiani del villaggio, hanno sparato sulla gente e cinque persone sono state colpite. Si tratta di dati ufficiali ma ci dicono che i meno gravi e le persone piu' esposte, preferiscono non recarsi negli ospedali dove verrebbero quasi certamente arrestati dato che in tal modo dimostrerebbero la loro presenza nei luoghi degli scontri.

Il Newroz
Giunge finalmente il 21, il giorno della grande festa. All'alba, intorno al nostro Hotel, notiamo un enorme schieramento di militari in tenuta antisommossa, con il consueto equipaggiamento. Dalle nostre finestre riusciamo a contarne oltre cento. Riceviamo notizia che aspettano il nostro saluto dal palco di Cizre e poi da quello di Silopi. Interverranno insieme Dolores (in italiano) e Antonello (con la traduzione in Kurdo). Per giungere al piazzale del Newroz di Cizre percorriamo a piedi circa due chilometri presidiati da una lunga teoria di mezzi blindati (30, forse 40) e plotoni di militari attrezzati di tutto punto, con fucili, mitragliatrici, maschere antigas, manganelli. All'ingresso della festa in uno spazio transennato dalla polizia la solita perquisizione, durante la quale veniamo trattenuti qualche minuto di troppo per verificare che la nostra bandiera con i quattro mori possa accedere al grande piazzale circondato da altri mezzi blindati e militari, e polizia, talvolta con le armi puntate in direzione della folla. Nei palazzi circostanti, altri militari con fucili e una quindicina di telecamere filmano qualsiasi cosa si muova mentre in mezzo alla folla, ancora telecamere azionate da agenti in borghese. Nonostante cio' la piazza si riempie presto: decine di migliaia di persone, 40mila a Cizre e altrettante a Silopi, che seguono le canzoni ballando senza sosta, applaudendo e gridando gli stessi slogans della sera prima. Da viva Apo ad altri numerosi contro le politiche di Erdogan e dell'AKP (il partito di governo). In questo clima pronunciamo il nostro discorso adeguatamente autocensurato su richiesta degli organizzatori e ci tuffiamo cosi' nell'entusiastico abbraccio del popolo curdo.

Dopo l'intervento, mentre la gente continua ad affluire, numerosa, verso la piazza che non puo' pıu' contenerla, partiamo di corsa a Silopi dove ci attendono e dove pronuncieremo lo stesso discorso. E anche li, la stessa immensa folla, gli stessi colori, i balli, i canti, gli slogans; anche li, lo stesso schieramento di benvenuto dello stato turco che, questa volta, ci mostra anche l'elicottero che sorvola i vicini dintorni della piazza. Certo, non e' per noi. Per noi, al posto di blocco prima della citta, la richiesta di togliere i colori kurdi che indossavamo e che riponiamo prontamente, seppure a malincuore, nelle borse. Per noi, la richiesta di consegnare una copia dell'intervento letto dal palco. Ma questa volta ci opponiamo e lasciamo di stucco il poliziotto ''buono'', quello che si era presentato al nostro interprete come kurdo e percio' amico, non abituato a sentire dei no. Si, questa volta siamo noi gli unici responsabili di cio' che facciamo. Percio' quando ci viene ripetuta la richiesta, all'uscita dal campo, la risposta e' secca: ''NO, ASSOLUTAMENTE NO!''. Di fronte alla nostra generale fermezza, ci lasciano proseguire. In albergo incontriamo il segretario del DTP e il sindaco che ci informa: "la vostra presenza ha sconsigliato ai militari azioni forti. Al termine della festa hanno arrestato solo dieci persone, ma quando sarete via e avranno visionato le riprese dal campo affollato, gli arrestati potranno arrivare anche a 200". C'e' poco da aggiungere, i turchi, che nel loro tentativo di assimilazione, hanno cambiato i nomi delle strade, delle citta', delle montagne, dei fiumi e perfino delle persone, quando si accorgeranno che Apo (Ocalan) viene chiamato anche ROJ* vorranno cambiare il nome anche al sole.
*(ROJ in curdo significa giorno, luce del giorno, sole).

Il gıorno dopo
La mattina dopo, da Cizre, ci muoviamo alla volta di Sirnak. Dopo qualche chilometro troviamo il villaggio di Kasruk e l'inevitabile check-point sistemato fra le case con un autoblindo, quattro postazioni per il tiro da terra, due per lato, una torretta sopraelevata, con bene in vista un mitragliatore fisso con relativa cartucciera di grosso calibro, sistemata di fianco della piccola sede del DTP. Su una collinetta che separa quel centinaio di case dal successivo piccolo villaggio di Davutkoy, un'altra postazione militare sovrasta e tiene sotto tiro entrambi i villaggi. Tutto questo conferma la nostra impressione: ogni rilievo del territorio e' predestinato al controllo militare sulla popolazione. A Sirnak incontriamo il sindaco e il segretario del DTP che ci danno altre informazioni, ma li ci giungono anche le notizie che ci colpiscono improvvise e violente: attacchi a Siirt, Hakkari e Van dove si contano innumerevoli arresti, feriti anche gravi e forse dei morti. Interrompiamo subito il nostro programma e sospendiamo le nostre cronache, chiamiamo il gruppo di osservatori italiani a Van e pensiamo di andare subito li. Ne parleremo nel nostro albergo di Cizre verso il quale ci muoviamo immediatamente.

Testo dell'intervento dal palco di Cizre e Sirnak:

Buongiorno popolo del Kurdistan. Ciao a tutti (Roj bas gelle Kurdistan. Merhaba ji wera)
Cari amici, Vi saluto con tutto il calore del Newroz. (Havalen heja, ez we bi germahia newroze silav dikim)
Perché siamo qui? (Bi hatina meya vir?) Perché condividiamo la vostra ansia di pace, libertà e fratellanza.(Em bi were xwesteka weyè asiti, azadi u biratiyè dijin.)
Ma purtroppo oggi non c’è pace.(Mixabin iru asiti tune.) Bisogna fermare le armi. (Giringe cek ben seknandin)
Bisogna aprire un dialogo per una soluzione di pace. (Ji bu asitiye giringe zimane diyaloge bikar be anin)
Auspichiamo che il vostro Stato, la Turchia, entri in Europa. (Em hèvi dikin ku welatè we, turkiye tèkeve yekitiya europa.)
Ma la Turchia non deve fare la guerra e deve riconoscere il popolo kurdo. (Giringe devleta Turkiye cekan bikar neine u kimlikan kurdan nas bike.)
Bisogna che la Turchia entri in Europa con tutti i popoli che la compongono: turchi, arabi, armeni, iraniani e kurdi.
(Em hèvi dikin ku welate Turkiye bikeve yekitiya europa bi hemi rengen gelan: turku, arabu, aceman. Kurd.)
Tutti i popoli, nella fratellanza. (Hemu gel bi birati bijin)
Anche noi siamo in pena per i tempi lunghi, ma confidiamo che presto saranno riconosiute le forze della pace e della democrazia.
(Em ji pir xemginin ji bo vè demè direj, lè belè em di wi baweridane ku qiwtè asiti ù demokrasiyè wè bèn standin.)
Anche noi ci auguriamo un’amnistia generale e l’avvio di un processo di pace giusta e duratura.
(Em ji hèvi dikin kù afekè bi gisti were ù astiyeki herdemi bine.)
Dalle nostre città d’Italia e d’Europa anche noi faremo tutto quello che sarà possibile.
(Ji bajarèn xwe ji italia u li hemu europa emè ji karè ku liser milèmeye emè pèk binin.)
Gli amanti della guerra vorrebbero farci tacere ma noi gridiamo piu forte: pace, pace, pace.
(Ewekı şer hesdıkın dıxazın em bısekının lazıne eme bıqırın denge xe bılınd bıkın u bejen aşiti aşiti aşiti.)
W la fratellanza dei popoli. (Biji biratiya gellan) W la libertà dei popoli. (Biji azadiya gellan)
W ıl Newroz (Biji Newroz)
W ıl Sole (Biji Roj)
Evviva su presidenti - Evviva su pıcappacappa



Le frası taglıate:

Condividiamo la vostra pena per la sorte particolare del signor Abdullah Ocalan.
(Xemginiya we yè ji bo brez Abdullah Ocalan em ji dijin ù fam dikin.)
Protestiamo e chiediamo che sia garantita la sua salute, un nuovo giusto processo, sotto la garanzia internazionale.
(Em protesto dikin ù dibèjin tendurustiya wi gerek were garantikirin, mehkemeyeki nu ù adil di bin cavèn navnetewi da gerek were lidarxistin.)
E che sia infine liberato e gli sia consentito di lavorare per la pace e il bene dell’umanità.
(Serokè we gerek were azadkirin ù bila bikaribe ji bo insanetiyè karèn xwe yè asitiyè lidarxe.)

La delegazione sarda
Antonello Pabis
Dolores Lai
Marta Saba
Diego Vacca
Anna Maria Ortu
Salvatore Siddi
Delia Leoni
Stefano Mannironi

venerdì 14 marzo 2008

Le spese mediche di Giorgio....


Questa è la fattura delle spes e mediche che ab


biamo sostenuto per Giorgio, tutte le medicine acquistate non sono dispensate dal SSN ma sono prescrite dal suo medico per affrontare alcune complicazioi e patologie di cui comuniqueil nostro amico soffre, vi ringraziamo ancora una volta per volerci aiutare in questa grande azione umana

giovedì 13 marzo 2008

conferenza per i Diritti dei Detenuti

Riflessioni sul Carcere, Oltre le sbarre dell’Ingiustizia

Conferenza per i Diritti dei Detenuti

Cagliari, Lunedì 17 Marzo
Ore 16:30
Teatro Nanni Loy - Via Trentino

Partecipano:
Francesco Caruso - Parlamentare indipendente PRC-SE Franco Uda - vicepresidente CNVG - Presidente ARCI SardegnaRiccardo Arena - Direttore Radio CarcereGennaro Santoro - Coordinatore Associazione AntigoneGisella Trincas - Asso. sarda attuazione riforma psichiatricaDon Ettore Cannavera - Comunità la collina - Presidente CRVG

Introduce: Roberto Loddo - Associazione 5 Novembre - GC Cagliari Dip. Diritti CiviliCoordina: Piersandro Pillonca - Giornalista Sardegna1

hanno aderito inoltre,
Alessia Camedda Presidente Arci Cagliari.Eleonora Casula segreteria regionale PRC-Se Area diritti civili, asso "gatoobrero".
Paolo Pisu - Consigliere Regionale PRC-Se. Commissione Diritti Civili
Alessandra Bertocchi - Comitato oltre il Carcere: Libertà e Giustizia - Coordinatrice Asso. Volontariato Provincia di Cagliari
Giacomo Meloni Segretario Generale CSS
Mostra dei quadri sulla Giustizia e la Libertàdi Federico Carta e Marta Anatra.Reading delle Poesie scritte dai detenutilette dall'attrice Marta Proietti

Manifesto delle Associazioni che hanno aderito alla Conferenza
Pensiamo che il carcere sia da tempo diventato il sostituto autoritario delle politiche di welfare. Le logiche di privatizzazione e lo smantellamento di servizi essenziali, il taglio di risorse per le politiche sociali, la crisi e ristrutturazione del sistema di welfare producono un effetto di maggiore incarceramento delle povertà e dell’esclusione sociale: immigrati, malati psichici, senza dimora e tossicodipendenti sono i volti del disagio più rappresentati nelle statistiche penitenziarie.

Per questi motivi, Come Associazione 5Novembre, insieme a Giovani Comunisti e Fgci di Cagliari, l'ELSA, l'ARCI, Associazione Antigone, Conferenza Nazionale Volontariato Giustizia, Associazione Culturale ARC Comitato oltre il Carcere: Libertà e Giustizia, Cagliari Social Forum, Associazione Centofiori, Associazione "Gato Obrero", Asarp, Associazione Sarda per l'Attuazione della Riforma psichiatrica, Radio Carcere, Associazione Arci Carovana Sarda della pace, Associazione Arci Carovana Sarda della Pace, Assotziu Consumadoris Sardigna, CSS Confederazione Sindacale Sarda, e altri movimenti e sigle stiamo organizzando una Conferenza per i diritti dei detenuti.
Aprirà la Conferenza lo Spettacolo Teatrale e Musicale
" DI RESPIRARE LA STESSA ARIA..." SCRITTO E DIRETTODA ROBERTO PINNAMUSICA E VOCESIMONA DEIDDAPersonaggi e interpreti :TINO PETILLI ( L'AVVOCATO)ROBERTO PINNA ( EFISIO )SERGIO SOI ( SECONDINO )NANNI SORTINO ( PAOLO)LUCIA MUZZETTO ( SPERANZA)
al Pianoforte Gianluca Erriu al Flauto Davide Antinori
La piece è ambientata nel carcere di Buon Cammino a Cagliari, è il 3 luglio 1986, si è appena consumato l'ultimo suicidio in carcere, quello dello studente Aldo Scardella. Tre detenuti si incontrano nella stessa cella, Efisio, piccolo e burbero " disadattato", in carcere per reati comuni, Paolo, finito in carcere per problemi finanziari,L'avvocato, comunista deluso, in carcere per reati "d'opinione". Tra loro, fra le banalità di una quotidiana convivenza, tra i problemi personali, nasce un dialogo.Dopo il boom economico, la "milano da bere" lo yuppismo, iniziano ad emergere i problemi e le criticità della società Italiana e non solo : La P 2, il terrorismo internazionale, le brigate rosse, Cernobyll, la corruzione, la crisi dei partiti.... Durante l'ispezione, subito dopo il suicidio, emerge lo scontento del personale addetto alla sorveglianza, il secondino, da vent'anni in servizio a Buon Cammino, esprime, da un'altra angolazione, tutti i limiti e le storture della struttura penitenziaria. Da contrappunto ai dialoghi, Speranza, figura femminile, sognata e agognata dai detenuti, recitando le poesie di Nazim Hikmet e altri, cerca di portare, fra le squallide mura del carcere, un poco di sublime.
La musica, partendo dalle note di De Andrè contestualizza e rende ancora più vera una problematica ancora oggi drammatica e attuale.


informazioni e adesioni, suggerimenti e critiche:
http://associazione5novembre.blogspot.com/
bastacarceri@hotmail.it
associazionediritticivili@yahoo.it
cellulare: 3316164008

sabato 8 marzo 2008

Marzo raccolta fondi

Ringraziamo calorosamente i cittadin* ed i local* commerciali che quotidianamente contribuiscono con le loro offerte e l'esposizione delle nostra scatoline

a marzo abbiamo per ora raccolto:


Mogoro in 2 locali 65 euro

San Nicolò Arcidano: da Martina 10 euro

Oristano: bar la fontana 60 euro

Sassari: tabacchino 45 euro
parruccheria 15,45

venerdì 7 marzo 2008


DIAMO VOCE AL SILENZIO
MERCOLEDI’ 12 MARZO ORE 18.00
ALLA CAROVANA SARDA DELLA PACE IN VIA BARONIA 13
PROIEZIONE DOCUMENTARI:
“VIAGGIO IN KURDISTAN” – di VITO BIOLCHINI
&
“ASSALTO ALLE CARCERI”
Ci sarà inoltre:
“MOSTRA FOTOGRAFICA SUL KURDISTAN”
Seguirà il dibattito con interventi di:
ANNAMARIA ORTU – COMITATO KURDISTAN SARDEGNA
TESTIMONIANZE DIRETTE DAI COMPAGNI KURDI
SEGUIRA’ ALLE ORE 21 CENA SOCIALE CON PIETANZE TIPICHE KURDE