giovedì 23 ottobre 2008

la storia triste di una di noi

Questa è la storia di una di noi.

Da quasi due mesi, sono in stretto contatto con una giovane compagna militante di un circolo del nostro partito delle zone interne della Sardegna, di uno di quei paesi dove il sogno dell’industrializzazione si è dissolto in spopolamento, migrazione e cassaintegrazione.
Lei, una di noi, una delle tante donne del sud, si trova in una situazione difficile, quasi paradossale.
Il suo compagno è agli arresti domiciliari da quasi un anno ormai e deve scontare una pena, a seguito di uno strano processo.
Lei con dedizione ed impegno ha fatto tutto quello che era nel suo potere per tenere alta la dignità.
Con una casa presa con un mutuo non si può usufruire del gratuito patrocinio per la difesa, gli avvocati devono essere pagati, il processo va pagato, la vita va avanti, lei , disoccupata come tante donne del sud, ha trovato un ingaggio lavorativo che partirà fra un mese circa.
Ma ora i debiti contratti sovrastano, è arrivata anche la convocazione per l’appello e le spese legali aumentano,. C’è da saldare un avvocato, da spendere per il nuovo avvocato, c’è la vita da continuare.
La nostra compagna ha provato tutto, associazioni, finanziarie , banche, ma nessuno da credito a chi non ha nulla d ipotecare, a chi non ha buste paghe, perché la situazione lavorativa obbliga molto spesso anche contro la nostra volontà, pur di campare, si accetta di lavorare in nero.
Ora i debiti iniziano a stritolarla,la dignità non esiste più, ogni giorno si calpesta di più, ed io che la seguo da quasi due mesi, convincendola e trattenendendola con tutte le motivazioni migliori e con tutti i metodi possibili, cercando di fare quel che si può in questi casi, ieri in tarda serata ricevo una sua mail. Dove , ahinoi, leggo che lei purtroppo non poteva attendere oltre e che era già entrata in contatto con alcuni fantomatici “prestatori di soldi” che in cambio del prestito le proponevano un “contratto di lavoro”. Sapete che contratto?Sapete che lavoro? Le propongono la vendita e la mercificazione del suo corpo.
Non posso rimanere inerme a guarda, non possiamo rimanere inermi davanti a tutto ciò. Noi che lottiamo con i nostri corpi e le nostre menti ed azioni contro la malavita organizzata, contro i mercifica tori di corpi, contro chi riduce ed induce alla schiavitù dobbiamo fare qualcosa.
E’ un nostro dovere civile strappare dalle mani della malavita un’ennesima vittima.
Certo lo so che voi che leggete queste righe conoscerete sicuramente diverse situazioni simili a quella che vi ho accennato, però non credo sia umano rimanere immobili e non tentarle tutte quando una di noi si trova in una situazione così disperata.
Da parecchio ho attivato una sottoscrizione sul blog della mia associazione ma non ha portato nessun frutto, ora ci ritento e ci ritentiamo insieme, perché nessuno può permettersi di toglierci il sogno di una vita migliore, di un mondo diverso
Questi sono i nostri dati e sul nostro blog potete trovare anche altri post che trattano la storia di M.
Come sempre Bene accetti sono i contributi economici su ccp n 83660159 intestato all'associazione EL GATO OBRERO o bonifici IBAN IT75 L076 0117 4000 0008 3660 159 o conto paypal gatoobrero@yahoo.it con causale "per M.una di noi”.


per ulteriori informazioni, idee, potete sempre contattare me

Gato Obrero: eleonora

1 commento:

eleonora ha detto...

Cara Eleonora
la storia che mi racconti è di quelle che mi fanno accapponare la
pelle e che mi portano a pensare, con sempre più convinzione, che una
nuova vita del sud non può nascere che dalla morte della malavita e
dalla crescita della tradizione civica.
L?antimafia sociale ricolloca il fenomeno mafioso nella sua giusta
dimensione e lì cerca di intervenire: la lotta alla precarietà, la
centralità della formazione pubblica, la difesa di un?informazione
libera sono parte integrante e inscindibile della lotta alla mafia.
Questa non può essere confinata all?azione della Magistratura, ma è un
percorso politico che richiede una risposta culturale diffusa, passa
dalla capacità di rappresentare un altro potere, muove dal coraggio di
intervenire sulle relazioni culturali che attraversano le nostre
città, riscrivendone la grammatica.
Se questa possibilità esiste è dovere politico nostro praticarla
insieme agli altri soggetti che lottano tutti i giorni per un mondo
liberato da tutte le mafie. Per questo credo che la ragazza di cui mi
racconti avrebbe dovuto denunciare il tutto perché se abbandoniamo lo
sguardo lucido su quello che succede abbiamo perso. Coraggio a te e a
lei, per quello che può servire.
Buona fortuna, di cuore
Nichi